Questa è la situzione che si è venuta a creare con la nomina di Mario Draghi (che sarà ufficializzata la prossima settimana dall’Eurogruppo) a governatore della BCE. Infatti, da novembre, da quando Draghi si sarà insediato a Francoforte, ci sarebbero due italiani nel board della banca centrale: lui e Lorenzo Bini Smaghi.
Galateo istituzionale vorrebbe che Bini Smaghi si dimettesse, per lasciare il posto ai francesi, i quali, dopo l’uscita di scena del governatore Jean-Claude Trichet, non avrebbero più alcun rappresentante. Ma sono parole del banchiere italiano quelle che annunciano la volontà di restare a Francoforte.
Una scelta quella di Bini Smaghi che sta imbarazzando in queste ore il governo italiano e mandando su tutte le furie l’Eliseo, il quale, forte di un accordo diretto Berlusconi-Sarkozy, pretende che l’italiano lasci e che al suo posto venga nominato un francese. E proprio Sarkozy, furente, in un vertice con la Merkel, ha insistito su tale necessità, ricordando come ci sia un patto con l’Italia e aggiungendo sibillino che “non ci sono ragioni per dubitare della parola data dall’Italia”.
Da un punto di vista formale, tuttavia, Lorenzo Bini Smaghi avrebbe più di una ragione, in quanto la rimozione di un membro del board è dovuta solo per colpa grave, non per accordi politici. Ed è evidente che dietro la sua insistenza a restare ci siano non solo ambizioni personali (vuole tirare la corda, per contrattare con Roma una poltrona di pregio), ma anche la volontà della BCE di rendersi e mostrarsi autonoma dal potere politico. Ora, più che mai.