Potrebbero esserci importanti novità, sotto il profilo politico e istituzionale, all’interno del governo e della maggioranza, ma non solo. I referendum di ieri ha dato modo al premier Silvio Berlusconi di tastare la rabbia popolare contro il suo governo, che viene visto come inerte dinnanzi alle sfide difficilissime di questa fase della vita italiana. Non all’altezza, dunque, di rispondere alle esigenze di cambiamento del Paese, per le quali questa maggioranza vinse le elezioni in modo schiacciante solo tre anni fa. Il rapporto tra governo e Paese si è incrinato molto probabilmente negli ultimi sei mesi, con lo spettacolo terrificante della fuoriuscita dei finiani dall’esecutivo e dalla maggioranza e con la nascita di gruppetti di parlamentari, autodefinitisi “Responsabili”, che tanto responsabili non si sono mostrati, volti più all’ottenimento di un posto di sotto-governo. Inaccettabile che mentre l’Italia tiri la cinghia, il governo parli solo di sè e della giustizia, che per quanto sia possibilmente “un cancro della nostra democrazia”, di certo non è in cima alla lista dei pensieri dell’italiano medio.
Poi, c’è questo Tremonti, che da anni annuncia riforme fiscali che non farà mai, scagliandosi un giorno sì e l’altro pure contro il mercato e le sue regole, mostrando una cultura di governo non diversa da quella di un socialista del centro-sinistra. Sono in pochi ad avere notato la differenza tra Tremonti e Visco.
Due, a questo punto, sono le questioni che Berlusconi dovrebbe affrontare entro i prossimi tre-quattro giorni, non di più, e che pare siano proprio nell’agenda del premier: riforme e alleanze.
Finita la stagione dell’isolazionsimo dorato, oggi il PDL deve fare i conti con un elettorato furente e che solo un’alleanza solida con l’UDC potrebbe riportare in seno al centro-destra o meglio alle urne. Il rapporto con Casini non è più un tema rinviabile, perchè presuppone un cambio di marcia del governo, con la creazione di un asse politico che faccia da contraltare allo stra-potere immeritato di un Tremonti che, godendo dell’appoggio di parte della Lega, ha spadroneggiato in questo esecutivo, rendendolo ora impopolare.
Quanto alle riforme, Berlusconi dovrebbe decidere i tre-quattro punti da affrontare nelle prossime settimane e chiedere al suo ministro dell’economia se è in grado di realizzarli o se non vuole. In caso di un no, l’unica soluzione è chiederne le dimissioni e accettare di aprire una fase nuova, magari un rimpasto con dentro l’UDC e fuori Tremonti e chi vorrà seguirlo. L’Italia non può morire per l’ottusità del suo ministro dell’economia.