Punto per punto l’accusa ha ribattuto alle eccezioni presentate dalla difesa, chiarendo come non si sia trattata di un’indagine mirata contro il Presidente del Consiglio ma di un’inchiesta nata per indagare sui rapporti tra “Nicole Minetti, Lele Mora ed Emilio Fede in relazione al reato di induzione alla prostituzione anche minorile”. La Boccassini replica alla contestazione della difesa, secondo cui ci sono state delle violazioni dei diritti della difesa (“Come si fa a parlare di questa tesi se gli avvocati della difesa, ancora prima dell’invito a comparire sapevano più della Procura?” domanda ai giudici) e sul presunto utilizzo di intercettazioni di Berlusconi senza l’autorizzazione del Parlamento ribatte asserendo che “negli elementi di prova che sono stati evidenziati in parte nell’invito a comparire, e comunque nella richiesta di decreto di giudizio immediato, troverete solo i dati delle telefonate con il presidente del Consiglio confermate dai testi che hanno ammesso di aver parlato con lui”.
La Boccassini è sicura che il procedimento debba continuare a Milano (e non essere spostato a Monza come richiesto dalla difesa) in quanto è nel capoluogo lombardo che “tutto inizia” e ” tutto termina”, mentre sulla richiesta di trasferimento degli atti al Tribunale dei Ministri, il pm afferma che l’eccezione è da rigettare poichè non si può parlare di reato ministeriale in quanto non è stato commesso dal premier nello svolgimento delle sue funzioni.