Giornata di guerra sulle alture del Golan, giornata di sangue al confine tra Israele e Siria: quattordici morti e oltre 200 feriti il bilancio degli scontri che si sono verificati tra l’esercito israeliano e i manifestanti pro-palestinesi nel quarantaquattresimo anniversario del giorno del Naksa, cioè della battaglia che gli arabi persero nel corso della guerra dei sei giorni. A riferire il bilancio degli scontri è la televisione siriana. Centinaia di manifestanti si erano radunati da stamattina lungo la linea di confine tra Siria e Israle, lungo le alture del Golan occupate dallo stato ebraico nel corso della guerra dei sei giorni e annesse unilateralmente. I militari israeliani che erano di guardia al check-point al confine siriano hanno iniziato a sparare contro i manifestanti che cercavano di avvicinarsi alla recinzione che percorre la linea del cessate il fuoco del 1967. I militari israeliani intimavano ai dimostranti di non avvicinarsi, urlando con i megafoni “Chiunque cercherà di attraversare i confini sarà ucciso”.
La scena a cui si assistito è simile a quella che è avvenuta lo scorso 15 maggio, nel 63esimo anniversario della nascita dello stato ebraico, che i palestinesi definiscono Naqba, ovvero il giorno della catastrofe: allora come oggi i manifestanti pro-palestinesi erano stati istruiti per fare pressione sui posti di blocco israeliani eretti alle frontiere e i militari israeliani hanno reagito sparando sulla folla. Lo scorso mese le vittime furono 15 e la reazione delle forze di sicurezza israeliane furono molto criticate.
E proprio in previsione delle possibili pressioni da parte dei manifestanti sui confini israeliani e delle manifestazioni organizzate da diverse organizzazioni radicali che si sono tenute in diverse città della Palestina (Ramallah, Betlemme e Tulqarem), nello stato ebraico le forze di sicurezza sono state invitate alla massima allerta e hanno ricevuto l’ordine di sparare verso chiunque provi a penetrare in maniera non autorizzata sul territorio israeliano, anche se devono mirare a parti non vitali in modo da evitare la perdita di vite umane.
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Lo stato di allerta dei militari era stato confermato da un portavoce delle forze di sicurezza israeliane secondo cui “L’esercito è pronto ad affrontare tutto quello che può succedere”.