Evitato il fallimento, almeno per ora, il che era ampiamente dato per probabilissimo in poche settimane, ora l’Europa aspetta i fatti e chiede l’immediato varo del piano di privatizzazioni da 50 miliardi di euro in quattro anni, che porterebbero linfa e ossigeno alle casse vuote dello stato ellenico.
L’incognita, però, resta tutta politica. Il partito del premier Papandreou, il socialista Pasok, ora non è più così compatto e dubita che quella del governo sia la giusta strategia. Un gruppo di deputati socialisti ha preso carta e penna e ha scritto al premier, chiedendo la convocazione del Parlamento, del Governo e del partito, per dibattere sui risultati a un anno dall’ottenimento dei primi aiuti europei, i cui risultati, dicono, non si sarebbero visti.
E il malcontento non è solo dei deputati. Un sondaggio rivela che il 72,2% dei greci disapprova il suo operato e l’84,1% pensa che Papandreou vada avanti senza bussola. A sorpresa, invece, la maggioranza di loro (52,7%) è favorevole alle privatizzazioni e alla valorizzazione del patrimonio dello stato. Ma neanche l’opposizione starebbe messa bene: il centro-destra di Nea Demokratia sarebbe sfiduciata dal 73% dei greci.
E entro il 2015, dovranno affluire altri 28 miliardi di euro (circa 13 punti del pil) in più nelle casse dello stato, attraverso aumenti di imposte sui lavoratori e pensionati. Il malcontento è solo destinato a crescere.