Giornata nera per l’amministrazione americana di Barack Obama. Il dato sulla creazione di nuovi posti di lavoro a maggio segna non solo un rallentamento, passando dai 232.000 del mese di aprile a soli 54 mila, ma addirittura torna a salire il tasso di disoccupazione, che scavalca il 9%, portandosi al 9,1%. E pensare che gli analisti si attendevano una discesa all’8,9%, con la stima di nuovi 170 mila posti di lavoro nel settore privato; invece, i nuovi dipendenti privati sono stati solo 83 mila, mentre nel settore pubblico il numero dei posti si è ridotto di 29 mila unità.
Una situazione particolarmente grave quella dell’occupazione negli USA, dove la recessione del 2008-’09 si è portata via 8 milioni di posti di lavoro, facendo attestare il numero dei disoccupati a 13,9 milioni di persone. Gli stessi analisti da mesi prevedono che per ridurre stabilmente il numero dei disoccupati sarà necessario creare non meno di 300 mila posti di lavoro al mese, e i livelli di maggio sono lontanissimi da questa soglia, con il rischio che anche nei prossimi mesi si vada verso una crescita della disoccupazione.
E dal Dipartimento del Lavoro si fà sapere che la ragione di tale debolezza del mercato del lavoro a maggio non risiede nelle avverse condizioni climatiche. Insomma, gli USA rischiano il cosiddetto “double dip”, ossia quella tanto temuta ricaduta, che significherebbe ancora recessione e lo spauracchio di una crisi ancora più grave del lavoro.
Non è rimasta a guardare l’agenzia di rating Moody’s, che sulla base dei timori sulla crescita, combinati a quelli di uno spaventoso deficit fiscale e a una crescita imponente del debito, ha avvertito Obama che potrebbe procedere a un taglio del suo giudizio sui titoli di stato americani. Batosta dopo batosta per Washington!