La minaccia di Moody’s segue la bocciatura della Camera, in mano ai Repubblicani, della proposta dell’amministrazione americana di alzare il tetto del debito. I Repubblicani si rifiutano di dare il loro consenso, se non si procede a una trattativa sulla riduzione della spesa pubblica.
L’amministrazione Obama si trova da mesi incagliata nello stesso dibattito. Solo fino a poche settimane fa, prima che Standard & Poor’s procedesse a una minaccia analoga di “downgrade”, il presidente USA aveva negato l’ipotesi di ridurre il deficit, in quanto lo considerava una leva di sostegno alla crescita.
I toni sono mutati repentinamente, quando la tripla “A” sul debito americano è stata messa in dubbio, scatenando la reazione della politica federale, che vede di cattivo occhio misure di “deficit spending”, in una fase in cui il disavanzo federale ha oltrepassato il 10% del pil e il debito pubblico è ormai al 100% del pil.
Già a metà aprile, si era rischiata la chiusura degli uffici pubblici federali, a causa del mancato accordo (poi raggiunto in extremis), per il bilancio dei prossimi sei mesi. E’ evidente che il conflitto in materia fiscale sarà destinato a inasprirsi, in vista delle elezioni presidenziali dell’anno prossimo.