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Rapporto ONU shock: liberalizzare la droga

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Giuseppe Di Spirito

Fermare la fallimentare guerra alla droga che va avanti da mezzo secolo e sostituirla con l’amministrazione di una “questione sanitaria“. Mettere da parte il proibizionismo e legalizzare il commercio degli stupefacenti. Su questi capisaldi verrà presentato oggi uno studio per l’Onu della Global Commission on Drug Policy, firmato da numerosi esponenti internazionali della società politica e civile internazionali che in un modo o nell’altro durante la loro carriera si sono confrontati con il problema, primo dei quali l’ex presidente dell’Organizzazione della Nazioni Unite Kofi Annan. Da New York, da una conferenza stampa, parte quindi un nuovo corso che è facile prevedere che si scontrerà duramente contro le ideologie dei singoli governi nazionali.

I tossicodipendenti sono delle persone da assistere alla stregua di “malati” e non dei criminali solo per il fatto di drogarsi ed il primo obiettivo è far cambiare di conseguenza il modo in cui si affronta la situazione, anche attraverso una petizione con milioni di firme che verrà presentata alle Nazioni Unite per spingerle ad approvare le conclusioni del rapporto.

Il documento spiega: “Le politiche repressive presso i produttori, i trafficanti e i consumatori hanno fallito nello sradicarla e le apparenti vittorie nell’eliminare una fonte di traffico sono annullate quasi istantaneamente dalla nascita di altre fonti e trafficanti”; ed ancora: “Le politiche repressive impediscono misure di sanità per ridurre l’Hiv, le vittime da overdose e altre pericolose conseguenze”; e ce n’è anche per il fattore costi: “Le spese dei governi in futili strategie di riduzione dei consumi distraggono da investimenti più efficaci ed efficienti“.

Analizzate e spiegate dettagliatamente una serie di “situazioni critiche“, individuate in vari stati di tutto il mondo, le statistiche globali raccolte sono impietose , mostrando come, nonostante tutti gli sforzi, il consumo di stupefacenti di varia “pesantezza” sia aumentato in 10 anni con oscillazioni che vanno dall’8,5 al 35,5 per cento a seconda della sostanza. L’invito ai grandi del mondo è chiaro: “sperimentare forme di regolarizzazione al fine di minare il potere delle organizzazioni criminali salvaguardando salute e sicurezza dei cittadini” ma tutelando in qualche modo anche altri soggetti aventi ruolo di manovalanza nella produzione e distribuzione, coinvolti loro malgrado nel mercato criminale in quanto vittime della delinquenza organizzata.

Quattro grandi linee guida suggerite: “la riduzione del danno”, il rifiuto della “marginalizzazione della gente che usa droghe”, una lotta che “prenda in considerazione le diverse realtà politiche, sociali e culturali” (ampio il contributo dato dalle personalità dell’America Latina) ed infine il coinvolgimento delle famiglie e della scuola.

Il ripetuto invito è quindi culturalmente dirompente: “Sostituire la criminalizzazione e la punizione con il trattamento sanitario, incoraggiare la sperimentazione di modelli di legalizzazione, a partire dalla cannabis”. Secondo i “saggi” redattori dello studio bisogna al più presto aprire in tutto il mondo un dibattito rinunciando a storici tabù e con mentalità aperta e pragmatica. E ci possiamo giurare che non sarà semplice.

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Giuseppe Di Spirito