Con Alfano segretario politico nazionale del Popolo della Libertà, il premier ha inviato un messaggio chiaro al proprio elettorato, cioè di avere capito l’esigenza che il partito offra un cambio di immagine, che vengano messe persone fresche in posti di comando, evitando di incancrenirsi su uomini che hanno fatto il loro tempo e hanno mostrato i loro limiti evidenti. La scommessa per Silvio resta quella di riuscire a organizzare un partito sul territorio che gli sopravviva. Sarebbe per lui una sconfitta clamorosa se, dopo essere un giorno uscito di scena, non rimanesse nulla della grande unione dei moderati del centro-destra che egli ha perseguito per diversi anni, essendoci riuscito con la creazione del PDL nel 2008. Ma quella fu un’azione improvvisata, forse poco studiata, senza la previsione di meccanismi idonei a consentire al partito di dotarsi di una struttura e di un metodo di selezione trasparente e dal basso delle sue classi dirigenti locali e nazionali.
Adesso che i nodi sono giunti al pettine, tutti hanno chiaro che se non si cambia, tutto si sfascia. C’è bisogno di partecipazione, di creare entusiamo tra la base, fino ad oggi vista più come spettatrice passiva a manifestazioni di piazza e di palco e a gazebo improvvisati e strampalati.
E se Berlusconi si fosse convinto della necessità di fare le primarie anche nel suo partito, questa forse è la più grande rivoluzione che si potesse attendere nel non facile dopo-elezioni.
Questa volta, a differenza del passato, sembra che la volontà sia un ricambio e un’ondata reale di freschezza, con nuovi metodi e con l’apertura alla società, non per cooptazione, come sempre avvenuto.
Per questo, Silvio dovrebbe adesso fare tesoro dell’esperienza politica e movimentista dei tanti movimenti interni ed esterni al suo partito e prendere spunto da quanto accaduto dall’altra parte, ossia che movimenti politici estranei al PD, il partito principale del centro-sinistra, abbiano potuto partecipare alle primarie, addirittura imponendosi sia in esse che nelle sfide elettorali vere e proprie, forse grazie alla visibilità e al trascinamento che questo strumento offre.
Per questa ragione, Silvio dia spazio e possibilità di partecipazione al mondo alla sua destra, a uomini come Musumeci e Storace de La Destra, e non frustri le aspirazioni dei “pentiti” finiani, come Adolfo Urso e Ronchi, i quali hanno semmai solo pagato pegno a Fini, ma mai sconfessando nè l’azione di governo, nè le stesse idealità del centro-destra.