PDL, la sconfitta è sull’economia. Ora Silvio torni ai problemi degli italiani

Il tracollo elettorale del PDL, palesatosi in tutta evidenza ieri, con la sconfitta pesante a Milano e pesantissima a Napoli, dove il candidato del centro-destra arriva a un misero 34,4% dei voti, addirittura oltre quattro punti percentuali in meno sul primo turno, non può essere derubricato a semplice dato locale, come hanno ben riconosciuto tutti i protagonisti della maggioranza di governo. E se il dato è pure nazionale, sono le questioni di interesse generale che hanno determinato la sonora sconfitta della maggioranza a queste elezioni. La prima causa, la causa di tutte le cause, si chiama economia. Dopo una prima fase affrontata con successo dal governo e dal ministro Tremonti, con i conti pubblici tenuti in ordine (era l’unica cosa da fare, con un debito come il nostro, in tempi di recessione), l’Italia non ha saputo andare oltre, non ha intrapreso la strada delle riforme per la crescita, di cui tanto si è parlato ma nulla si è fatto. E allora niente liberalizzazioni, un tonificante per il rilancio della crescita e a costo zero per le casse dello stato, niente privatizzazioni, nessuna riforma fiscale, anzi, prevedendo con il federalismo la possibilità di inasprire le aliquote comunali (un suicidio soprattutto per la Lega). Il tema dell’occupazione è rimasto fuori dall’agenda del governo e, sebbene il dramma sia meno accentuato nel nostro Paese che altrove, noi dobbiamo, tuttavia, fare i conti con la questione giovanile e del sud, con tassi elevatissimi di non occupazione.

Ciò che il Cavaliere, questa volta, non ha capito è che sono questi i temi che stanno a cuore agli italiani, mentre egli si è fatto fuorviare dal dibattito mediatico sulla giustizia, confondendo i giornali con il popolo. La giustizia è di sicuro un cancro per l’Italia, per le lungaggini delle cause civili e penali che scoraggiano gli investimenti e l’impresa nel nostro Paese. Certamente, il premier sarà oggetto di un accanimento giudiziario che vive in modo drammatico a livello personale, ma non è possibile fare di ciò un cavallo di battaglia per una tornata elettorale, specie quando molte famiglie italiane hanno difficoltà a mettere insieme il pranzo e la cena.

E allora si cambi passo. Basta con l’annunciare riforme che mai verranno attuate: bisognerà d’ora in avanti presentarsi a discutere solo di fatti, di misure già prese, di tasse ridotte e di riforme già approvate e fattibili per la crescita. Ma Silvio già sa che per fare questo, sarebbe necessario che qualcuno in via XX settembre lasciasse il posto a chi ha la cultura della crescita, non già solo della ragioneria di stato.

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