Quando il dibattito politico deve essere distratto dalle proposte politiche reali, che riguardano la vita concreta delle persone, si torna a parlare della fantomatica riforma della legge elettorale, un argomento utilizzato dalle opposizioni per colmare il loro vuoto propositivo, ideale e politico, con un’oscillazione di pensiero sull’argomento che sconcerterebbe chiunque abbia seguito la politica italiana degli ultimi venti anni. In origine, era proporzionale. Fino al ’92, in Italia i deputati e i senatori venivano eletti con il sistema proporzionale puro, senza sbarramento e con voto di preferenza. Se un partito prendeva il 20% dei voti, aveva diritto al 20% dei seggi in Parlamento e l’ordine di lista avveniva per mezzo dei voti di preferenza che gli elettori assegnavano ai candidati. La sinistra si stracciò le vesti contro il voto di preferenza, accusato di essere fonte di corruzione, specie al sud, in quanto molti candidati compravano i voti grazie anche alla maggiore controllabilità delle preferenze con quel sistema. Si passò, dunque, e a furor di popolo, dopo un referendum plebiscitario, al cosiddetto “Mattarellum“, ossia a un sistema maggioritario all’inglese, ma corretto con il mantenimento della quota proporzionale, per un quarto dei seggi.
Anche in quel caso la sinistra fece sfoggio di erudizione in ambito elettorale, sostenendo che quel tipo di sistema era inappropriato, in quanto non avrebbe consentito la reale rappresentanza dei partiti in Parlamento e perchè i candidati nei collegi uninominali erano spesso scelte obbligate per l’elettore, frutto di accordi di palazzo e catapultati in aree del Paese, lontane dalla propria storia personale.
E per anni il centro-sinistra smaniò per avere almeno una correzione in senso più proporzionale della legge elettorale. Che avvenne nel 2005, a pochi mesi dalle elezioni dell’aprile 2006. Il sistema divenne proporzionale, con sbarramento variabile, ma senza voto di preferenza. E allora da cinque anni, la stessa sinistra che lottò ferocemente contro la corruzione delle preferenze, adesso fa una battaglia (finta) per reintrodurle.
La verità è che nessun sistema elettorale è buono o cattivo a prescindere. La legge elettorale è solo un metodo per trasformare i voti in seggi. Che si usi il proporzionale o il maggioritario, i candidati rischiano di essere sempre pessimi e distaccati dall’elettorato, se i partiti non si danno una struttura democratica, che selezioni dal basso le loro classi dirigenti, con congressi o primarie che siano e come avviene in tutti gli stati democratici.
Ma per partiti di plastica come PDL e PD (ma gli altri sono uguali), tutto ciò è chiedere troppo!