Giornata di silenzio elettorale oggi, dato che domani e dopo domani, milioni di italiani saranno chiamati ad eleggere oltre un’ottantina di sindaci, al secondo turno di ballottaggio, tra cui 29 comuni capoluogo. Le sfide più attese si chiamano Milano e Napoli e non solo per le loro dimensioni, essendo la seconda e terza città più popolosa d’Italia, ma anche per ciò che rappresentano. Milano è la città del centro-destra, simbolo del berlusconismo, sia per vocazione economica, che per provenienza proprio del premier Berlusconi. Napoli, invece, è la città guidata dal centro-sinistra da ben 18 anni, segno di un fallimento amministrativo sotto gli occhi di tutti e sotto tutti i punti di vista, ma che rischia per il governo di non andare al centro-destra, dato lo stato di crisi dei partiti della maggioranza, PDL in testa. Ma cosa è successo in queste ultimi mesi di governo? Come mai il centro-destra, dopo avere vinto senza grosse difficoltà tutti gli appuntamenti elettorali dal 2007 (dalla vittoria in Molise) ad oggi, sembra avere perso smalto? E’ la solita sfiga che tocca a chi governa, come alla coalizione di governo Cdu-Csu e Fdp in Germania, o al partito si Sarkozy in Francia, o ancora ai socialisti spagnoli, spazzati questi ultimi dalle elezioni amministrative della domenica scorsa?
Forse, ma solo in minima parte. Il flop a queste amministrative, comunque vada il risultato il lunedì sera, deve essere addebitato, in grossa parte, alla mancanza di una struttura del maggiore partito politico e di governo, il PDL. Il Popolo della Libertà ha ereditato il peggio della somma dei due partiti da cui deriva: la mancanza di classe dirigente e di struttura di Forza Italia e le liti correntizie da pollaio di An. Insieme hanno creato un partito, forte solo quando il presidente e fondatore, Silvio Berlusconi, corre a sanare i guai e le mancanze dei suoi, anche a livello locale, ma inconsistente di per sè.
Ed è così, ad esempio, che dopo avere vinto a mani basse in regioni come la Sicilia, di gran lunga il primo partito nell’isola, il PDL non solo non è riuscito ad avere una sua forza verso l’alleato autonomista, ma addirittura è stato estromesso e condotto all’opposizione, diviso in più tronconi paralizzati da personalismi esasperati.
Una situazione che si ripete in quasi tutte le realtà italiane, ad ogni livello, che ha costretto molti elettori moderati a prendere atto che Silvio non può governare in ogni piccolo e grande comune italiano al posto di una classe dirigente inadeguata e poco presente sul territorio. E così, da martedì Silvio non potrà non mettere mano al partito, come ha già promesso da giorni. Sperando che non si risolvi in una carnevalata, ma che si pensi a strutturare e radicare seriamente il partito sul territorio. Partito leggero sì, ma evanescente come una bolla di sapone no.