Illustrissimi Onorevoli, sappiate che l’Italia è il “fanalino di coda dell’Ue per la crescita“. Questo ciò che si legge ne “‘La situazione del paese nel 2010” ossia il rapporto dell’Istat con frequenza annuale, un’analisi rigorosa quanto impietosa dello stato di salute del nostro paese, presentato alla Camera dei Deputati. Un tasso di crescita che tra il 2001 ed il 2010 è stato “il peggiore tra tutti i paesi dell’Unione europea“: un quarto della popolazione italiana ormai a rischio povertà ed il potere d’acquisto delle famiglie che continua ad abbassarsi, sono solo alcuni dei drammatici dati diffusi all’interno del rapporto. Ma le voci che saltano all’occhio, specie quando dalla bocca dei politici nostrani non passa giorno che esca la parola “lavoro”, sono quelle riguardanti l’occupazione o meglio la disoccupazione, giovanile e femminile in primis.
Anche a causa della crisi, nel 2009-2010 sono infatti diminuiti gli occupati di ben 532 mila unità di cui oltre il 50% nel mezzogiorno e penalizzando in particolar modo gli under 30, seguiti dalla fascia di età 30-49, aventi come contratto il tempo indeterminato a full time. Il numero dei disoccupati è cresciuto ancora superando i livelli del 2002, a questo vanno aggiunti circa 2 milioni di individui (i cosiddetti “scoraggiati”) che attualmente non cercano più una occupazione a causa di passate esperienze negative.
Per il ministro Sacconi la situazione non è così tragica ed il governo ha operato bene, grazie anche all’uso massiccio degli ammortizzatori sociali da cui presto “verranno riassorbiti” molti lavoratori, anche se “alcune vulnerabilita’ del paese arrivano dagli anni settanta e richiedono altri cambiamenti… La direzione da seguire deve essere quella di un maggiore dinamismo e flessibilita”’. Per Maurizio Zipponi, responsabile welfare e lavoro di Italia dei Valori (nella foto in alto) le cose non stanno così: ”Nel nostro Paese la riduzione della cig corrisponde a un aumento della cassintegrazione in deroga: ciò significa che per 600mila lavoratori si avvicina la data del definitivo licenziamento, non essendoci prospettiva di rientro…gli ultimi dati dell’Istat hanno smascherato la propaganda berlusconiana, certificando il fallimento del governo”
Ma è sulla questione femminile che emerge un dato assai odioso che ha colpito e conquistato i titoli di tutti i principali quotidiani (il più esplicito “Sei mamma? Allora ti licenzio” di Flavia Amabile) e cioè che circa 800mila donne sono state licenziate o “costrette a dimettersi” a causa della gravidanza, un dato che penalizza in particolar modo le donne più giovani, nate dopo il 1973. Su quest’ultimo punto c’è un “dettaglio” dimenticato dai più, e che siamo andati a “scavare” e cioè la legge 188/2007 del Governo Prodi, abrogata dal governo Berlusconi. L’8 marzo scorso Marisa Nicchi e Titti di Salvo (ex-deputate di Sinistra Ecologia e Libertà nonchè autrici della legge) hanno inviato una “lettera aperta” a varie associazioni e segretari di partito, nonchè ai segretari di Cgil-Cisl-Uil, di cui evidenziamo i punti salienti:
“La legge 188 approvata nell’ottobre del 2007 aveva una funzione preventiva basata su un’autodichiarazione codificata e non su norme post, vanamente repressive. Le dimissioni volontarie, per qualunque tipologia di rapporto di lavoro, dovevano essere autodichiarate esclusivamente su moduli con numerazione progressiva che avendo una scadenza di quindici giorni non potevano essere compilati prima del loro utilizzo. […] Si trattava di una legge semplice ed efficace, priva di costi. Quando fu presentata, si cercò il consenso delle donne di tutto il centro sinistra e del centro destra. Venne votata all’unanimità alla Camera e a maggioranza al Senato dove l’opposizione principale fu condotta dall’allora senatore e oggi Ministro del lavoro, Sacconi. […] Appena insediato il governo Berlusconi ne annunciò l’abrogazione, dando dunque la prova dell’efficacia della legge stessa.”
La missiva è dunque nient’altro che una richiesta di riproposizione della legge, la cui eliminazione è stata discutibile a dir poco. Tra tante chiacchiere e pochi fatti, auguriamoci quindi che questo appello alla concretezza d’azione non cada nel vuoto, con buona pace del Ministro Sacconi (che definì addirittura “demenziale” la 188) della sua flessibilità e degli anni ’70.