La rabbia di chi vede il proprio lavoro svanire e trova come giustificazione solo una serie di numeri, cifre fredde che non tengono conto del dramma che c’è dietro la chiusura di uno stabilimento. La rabbia degli operai di Fincantieri che ieri sera hanno assaltato e occupato il Comune di Castallammare di Stabia dopo la conferma, data al termine dell’incontro tra i dirigenti della ditta e i rappresentati sindacali della chiusura dei cantieri stabiesi, con il taglio in Campania di 649 posti di lavoro. L’irruzione nel Municipio è avvenuta verso le 20.30 di ieri sera provocando diversi danni nella sale comunali; il sindaco è stato costretto a passare alcune ore all’interno dell’edificio. Ancora stamattina un gruppo di operai era all’interno del palazzo mentre un altro gruppo si è spostato sulla Statale Sorrentina, nei pressi dello svincolo di Castellammare, bloccando la strada.
E proteste ci sono anche a Sestri Ponente, altro stabilimento che sarà chiuso secondo il piano industriale presentato dai vertici di Fincantieri. Operai e organizzazioni sindacali hanno dato via ad un corteo che sta attraversando le strade di Genova diretto verso la Prefettura del capoluogo ligure: l’obiettivo è di ottenere una convocazione immediata da parte del Governo. E in strada sono scesi anche i dipendenti dello stabilimento di Riva Trigoso, per il quale è previsto un ridimensionamento con lo spostamento delle costruzioni navali militari a Muggiano: dopo l’assemblea centinaia di operai hanno lasciato la fabbrica e si stanno muovendo in corteo verso il centro di Sestri Levante.
Nel piano, fortemente criticato dai sindacati, sono previsti esuberi per 2.551 unità (su un totale di 8.200 dipendenti): 1400 arriveranno dalla chiusura dei due stabilimenti e i restanti 1.151 dagli altri stabilimenti del gruppo. Coro di proteste si sono levate anche da parte di politici e rappresentati delle istituzioni ma i vertici di Fincantieri hanno risposto solo con la fredda esposizione dei numeri parlando in un settore in crisi, nel quale c’è stata una riduzione della domanda a livello mondiale del 55%, con la perdita in Europa di 50mila posti di lavoro. Numeri che da soli non possono placare la protesta dei dipendenti che si trovano a non avere più futuro.