Davanti alla platea dell’AIPAC, che rappresenta la lobby ebraica negli Stati Uniti, il Presidente USA, Barack Obama, è intervenuto di nuovo sulla questione israelo-palestinese, tenendo a precisare la sua posizione, che un paio di giorni prima era stata mostrata al premier di Tel Aviv, Benjamin Netanyahu, nel corso del rituale vertice tra gli USA e Israele. Obama tiene a spiegare che quanto da lui detto è stato travisato e torna sulla questione spinosissima dei confini del ’67. Il presidente americano conferma le sue vedute, per cui è necessario il ritiro dalle terre conquistate nel 1967 da Israele, la Cisgiordana, quale atto preliminare per avviare un accordo di pace tra le parti. Tuttavia, ribadisce la linea della sua amministrazione, per cui non ci saranno forzature nel riconoscere uno stato palestinese e se ciò dovesse avvenire da parte dell’Onu, ci sarà l’opposizione degli USA. Toni concilianti quelli di Obama, dinnanzi a un pubblico molto interessato alla questione, che ha risposto con un applauso formale, facendo avvertire una certa freddezza nei suoi confronti. Ma sarà stato un successo ugualmente per Obama, che prima del suo discorso temeva persino i fischi.
I confini pre-’67 sono un problema che si trascina da oltre quaranta anni e hanno rappresentato sempre un ostacolo allo sblocco della situazione di impasse nella regione. Nel 2001, tuttavia, l’allora premier israeliano, Ehud Barack, con la mediazione del Presidente Bill Clinton, arrivò a concedere al leader palestinese Arafat il 97% delle terre conquistate ma, poco prima della firma, Arafat si ritirò e non accettò l’accordo. Per questa ragione alcuni analisti pensano che la questione dei confini del ’67 sia solo un fatto strumentale, che la parte palestinese sfrutta per non giungere mai ad un accordo.
E lo scontro in politica interna, negli USA, sarà destinato a intensificarsi, se è vero che i Repubblicani, contrari a considerare Hamas un interlocutore, hanno invitato il premier Netanyahu a tenere un discorso al Congresso USA, il che sarebbe l’avvio di una campagna anti-Obama, che potranno sfruttare in chiave elettorale.
La posizione del presidente, per cui bisognerebbe concedere credito a una formazione estremista come Hamas, rischia di appannare la sua immagine di condottiero anti-terrorismo agli occhi degli americani, i quali considerano la fazione palestinese al pari di Al Qaida, specie dopo l’11 settembre.