Scontro tra Israele e USA, quali conseguenze?

Il mondo arabo in questi giorni si troverà davvero spiazzato, almeno nelle sue componenti più fondamentaliste, nel vedere lo scontro in atto tra gli USA di Barack Obama e Israele di Benjamin Netanyahu. Sarà difficile, in queste ore, per quache movimento estremista islamico presentare gli americani come i sostenitori degli israeliani a tutti i costi, perchè quello che è avvenuto ieri alla Casa Bianca e che sta proseguendo in queste ore è un gelo tra la superpotenza e lo stato israeliano, che forse non si è mai registrato in queste forme, da quando nel 1948 si diede vita, appunto, a Israele, in terra di Palestina. L’occasione è stato l’incontro bilaterale a Washington tra il Presidente USA, Barack Obama, e il premier di Tel Aviv, Netanyahu, in cui si è evidenziata una frattura netta delle posizioni sul futuro nella regione mediorientale. Obama ha ribadito la necessità di uno stato di Israele sicuro, al riparo dalle violenze e dagli attacchi nell’area, ma ha confermato quanto aveva anticipato, cioè, che Israele deve tornare ai confini del 1967, perchè sarebbe a suo modo di vedere inaccettabile che occupi delle terre conquistate ai danni dei palestinesi, in cui vivono adesso 300 mila ebrei; parliamo della Cisgiordania.

Proprio per il fatto che siano in così tanti gli israeliani a vivere in Cisgiordania, il premier Netanyahu ha definito irricevibile tale invito, mentre ha spostato l’attenzione sul fatto che il presidente palestinese Abu Mazen non abbia ancora chiarito se intende scegliere tra la pace con Israele e Hamas. Quest’ultimo è stato considerato dal premier israeliano un movimento terroristico al pari di Al Qaida.

Entrambi i leader, tuttavia, hanno confermato l’impegno comune nel raggiungere una pace stabile nella regione, ma il Presidente Obama non ha nascosto la sua irritazione per lo stallo della situazione, con una pace che sembra oggi molto lontana.

Ad Obama sono giunti gli appoggi del cosiddetto “quartetto”: USA, UE, Russia, ONU. Una condivisione granitica dell’analisi di Obama, che rischia di mettere Israele nell’angolo, in vista di eventuali accordi futuri di pace. Israele si è difesa sostenendo che dovrebbe essere valutata la situazione di tutto il Medioriente. Di certo, le parole di Obama hanno lasciato trapelare una certa stanchezza degli interlocutori occidentali, ormai sfiniti da negoziati infiniti, che si proseguono da oltre sessanta anni, senza mai giungere a una qualche conclusione. Difficile prevedere se il nuovo corso americano possa accelerare i tempi per raggiungere un accordo; sicuramente, però, Israele da due giorni è un pò più sola.

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