Non è ancora certo ma si dice che le preannunciate “sorprese” che starebbe preparando il governo in vista del ballottaggio alle amministrative sarebbero legate, stando a quanto riportato oggi su “La Padania“, al “decentramento dei ministeri, riforma del fisco, Senato federale“. Ciò secondo le parole di Roberto Calderoli, ministro per la semplificazione, nonchè autore dell’annuncio di cui sopra, giunto al ricominciare della campagna elettorale. Nell’intervista si fa il punto sullo “stato di salute” della legislatura. Con un affondo in verità più berlusconiano che leghista, Calderoli si riferisce al ruolo di Gianfranco Fini come ad una “deleteria parentesi ormai archiviata” che avrebbe frenato la maggioranza dall’esprimere il suo potenziale ed assicura che nei venti mesi che rimangono al regolare termine del mandato parlamentare saranno mantenute tutte le promesse rimaste in sospeso. Oltre ai decreti attuativi del federalismo, si parla di intervenire costituzionalmente per la riduzione dei membri del Parlamento e del Senato federale, della riforma del fisco con la riduzione di Irpef, Ires e Irap. Infine, si passerebbe a poter “pensare a ridurre le tasse”.
Insomma più l’ennesima dichiarazione di intenti di un governo nazionale che per alcuni è ormai agli sgoccioli, piuttosto che qualcosa che possa spostare il consenso degli elettori nelle città chiamate al ballottaggio. D’altronde di sorprendente c’è poco o nulla, proposte oggettivamente già sentite e risentite. In ogni caso, oltre che alle opposizioni, anche all’interno dello stesso Pdl non sono piaciute le esternazioni sullo spostamento dei ministeri, riprese anche da Umberto Bossi (“due a Milano, uno a Napoli”) tanto che il governatore del Lazio, Renata Polverini, parla di “proposta insensata” e Gianni Alemanno, sindaco di Roma, direttamente di “campagna elettorale” aggiungendo di aver avuto rassicurazioni che dalla capitale non si muove proprio niente.
Non è andata molto meglio con la serie di interviste a Silvio Berlusconi (anche quelle piuttosto a sorpresa, dopo il lungo no-comment post elezioni) trasmesse quasi in contemporanea su vari telegiornali pubblici e privati e che sono state fortemente criticate da più parti, anche dal settimanale di area cattolica Famiglia Cristiana che arriva a titolare ‘‘Arroganza a reti unificate’‘. Nell’articolo di Giorgio Vecchiato si invoca l’intervento dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (Agcom) e si stigmatizza: “Già il fatto che il premier irrompa nella campagna per Milano e Napoli usando le reti di sua proprietà dovrebbe far ricordare che c’è un piccolo inciampo, chiamato conflitto di interessi”.
“Di nuovo o inatteso, Berlusconi non ha detto nulla” continua il giornalista “Al più si è maggiormente avvicinato a Bossi per la faccenda della Grande Moschea, degli zingari incombenti e della sinistra inaffidabile. Copione conosciuto” e conclude strigliando anche l’atteggiamento di certa stampa: “…un giornalismo tv che non tiene dritta la schiena ma si genuflette”.
Anche il Pd, insieme a Sel ed Articolo 21, hanno manifestato oggi presso la sede dell’Agcom incontrando poi il presidente Corrado Calabrò. Quest’ultimo ha dichiarato di aver già inviato “lettere con richiesta di chiarimento a Rai e a Mediaset” e che la commissione servizi e prodotti dell’authority si riunirà all’inizio della settimana prossima per esaminare la situazione.