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La Siria brucia, un’altra Libia in fiamme

Published by
Giuseppe Timpone

Si aggrava la situazione politica e della sicurezza in Siria. Continuano le manifestazioni di protesta contro il sanguinario regime di Assad, che ha risposto in queste ultime settimane sfoderando i muscoli e massacrando centinaia di civili nelle piazze. E’ di poche ora fa la notizia che un’altra donna sarebbe stata uccisa mentre tentava di fuggire varcando il confine tra la Siria e il Libano. Pare che gli spari siano provenuti dalla parte siriana. La donna era della Siria, così come siriani sono gli altri quattro fuggiaschi, un uomo e altri tre militari, tutti feriti nel tentativo di raggiungere il Libano. Si aggrava dunque il bilancio delle vittime, con i massacri iniziati il venerdì della Pasqua, quando dopo la preghiera migliaia di cittadini si erano riversati nelle principali piazze dello stato per la cosiddetta giornata della collera. Il regime non ha esitato a fare sparare sulla folla, provocando centinaia di morti e di feriti.

Da allora altre piccole stragi si sono susseguite, tanto che agli inizi della scorsa settimana l’Unione Europea ha comminato sanzioni contro Damasco per convincere il regime a rispettare i diritti umani, evitando di fare esplodere un’altra questione in Medioriente.

Sanzioni-farsa, potremmo ammettere: una lista di tredici persone, a cui sono stati congelati i beni e che non godranno più del visto per potere accedere nei Paesi della UE. Tra questi figura il cugino di Assad, un uomo di affari, considerato tra i più influenti di Damasco, finanziatore della dittatura. Il congelamento dei suoi beni all’estero sarebbe stata persino una buona cosa, se si fosse provveduto anche a comminare le stesse sanzioni contro il capo del regime, Assad, appunto. E, invece, la UE tace su di lui, così come non prende in considerazione l’ipotesi di intervenire. Eppure ciò che accade a Damasco è del tutto simile a quanto sarebbe successo a Tripoli. La vera differenza sta nel fatto che la Libia gode di risorse petrolifere che la Siria non ha e quest’ultima è protetta dall’Iran, Paese contro cui nemmeno gli USA hanno il coraggio di intraprendere un confronto vero, malgrado dal suo interno sia messo sotto pressione da malumori crescenti della popolazione.

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Giuseppe Timpone