La fine ingloriosa del “compagno” Zapatero

Sono passati sette anni e due mesi da quando l’allora sfidante di José Maria Aznar, il socialista Luis Zapatero, vinse clamorosamente le elezioni politiche spagnole, spodestando il premier e il suo Partito Popolare, alla guida del Paese da otto anni, conquistando la Camera e il governo di Madrid. Ci arrivò quasi casualmente, con i sondaggi che davano costantemente in testa il PPE di Aznar sui rivali socialisti, fino a solo un paio di giorni prima. Poi, quel maledetto 11 marzo del 2004, tutto cambiò. In seguito all’alleanza contro il terrorismo, stretta dalla Spagna con gli USA di George W.Bush, alcuni terroristi di Al Qaida si fecero esplodere presso le stazioni dei treni di Madrid, provocando 200 morti, la strage più cruenta dalla fine della guerra civile spagnola, in forma di ritorsione. Il premier Aznar esitò, addossò la responsabilità degli atti ai separatisti baschi dell’Eta, ma la verità saltò fuori in poche ore, screditando il governo e cacciando i popolari all’opposizione.

Arrivato al potere, Zapatero ritirò le truppe, fece la famosa legge sui matrimoni gay, diventando un’icona della sinistra europea, soprattutto italiana, sempre alla ricerca di un modello straniero da imitare, in mancanza di meglio in casa.

E così Zapatero fu alla ribalta delle cronache per oltre quattro anni, quale simbolo di un socialismo progressista in grado di creare sviluppo e, unico caso in Europa, di vincere le elezioni contro una destra sempre più forte.

Fino al 2008. Poi il diluvio. La crisi economica spazzò via quel tanto acclamato modello spagnolo, che doveva fungere da esempio per l’Italia. La recessione si è ingoiata la Spagna e la sua crescita, ha sbattuto al mondo la verità di un Paese debole, cresciuto su una bolla (e balla) speculativa di tipo immobiliare, con un mercato del lavoro fragilissimo. E oggi, a sette anni di distanza dal suo insediamento al governo, Zapatero è caduto nel dimenticatoio della stessa sinistra: con un tasso di disoccupazione del 22% e il più alto tasso di disoccupazione giovanile in Europa, mai così male dal 1976; con una crescita in forse anche per quest’anno, sempre in bilico tra salvezza e salvataggio per mani europee, sarebbe troppo imbarazzante parlare ancora di Zapatero. Lui stesso si tira fuori dalle prossime elezioni politiche. E la sinistra ha perso un’altra icona-meteora.

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