La Bielorussia è uno degli stati europei di cui meno si parla, eppure rappresenta l’ultima dittatura in Europa. Sì, perchè quella che guida il Presidente Alexander Lukaschenko, al potere dal 1994, è una vera e propria dittatura, dai tratti piuttosto curiosi. Anni fa, il cinque volte presidente Lukaschenko aveva suscitato le perplessità, gli allarmi, ma anche la curiosità del mondo occidentale, dopo le sue dichiarazioni per cui i suoi idoli politici siano Stalin e Hitler. Sì, avete capito bene! Il capo di stato bielorusso ha come punti di riferimento il numero uno degli eccidi del comunismo e il responsabile dell’Olocausto. Quanto basta per guardare con preoccupazione alla situazione di Minsk. Qui il tempo pare che si sia fermato al 1991, a un attimo prima del crollo dell’Unione Sovietica. Uscita dalla disgregazione dell’ex Urss, la Bielorussia, quasi immediatamente, si è trovata nelle mani della guida di Lukaschenko, il quale, nostalgico del comunismo sovietico, ne ha subito riprodotto i tratti caratteristici. Qui i servizi di sicurezza si chiamano ancora KGB, come quelli dell’Unione Sovietica, e gli stessi metodi che utilizza li ha ereditati dal vecchio KGB.
Spionaggio, intercettazioni a tappeto, microspie in casa degli oppositori politici veri o presunti, ottenimento di informazioni con le buone o con le cattive, tutto questo e anche di più è l’apparato per la sicurezza in Bielorussia. Qui ancora vige il comunismo in salsa soviet, con lo stato a spadroneggiare sull’economia e la libertà privata ridotta al lumicino.
Eppure il livello dignitoso di vita delle persone non ha creato spazi per azioni di protesta vigorose, nè per formazioni politiche popolari, anche perchè sottoposte alla censura e a intimidazioni tali per cui i dati elettorali possono essere considerati taroccati.
Come è successo lo scorso dicembre, quando Alexander Lukaschenko avrebbe rivinto le elezioni presidenziali, con oltre il 90% dei consensi. Qualche giorno dopo a Minsk si radunarono in piazza alcune migliaia di oppositori per protestare contro i brogli. Tanto è bastato al suo oppositore, Andrei Sannikov, che a quelle elezioni avrebbe raccolto solo il 2,4% dei voti, diventando il maggiore rivale di Lukaschenko, per essere arrestato insieme alla moglie Irina. E ieri, impietosa, è arrivata la sentenza: 5 anni di carcere duro per Andrei, mentre per la moglie il verdetto arriverà domani. E non si spera nella clemenza.