Dopo giorni di roventi polemiche per l’applauso all’assise di Bergamo della Confindustria al manager tedesco della Thyssen Krupp, Herald Espenhahn, condannato a 16 anni e mezzo per omicidio volontario, essendo stato riconosciuto responsabile della violazione delle leggi sulla sicurezza, a causa della quala morirono sette operai nell’acciaieria torinese, i vertici di Confindustria hanno timidamente cercato di porgere le proprie scuse.
Ieri, il Presidente Emma Marcegaglia, che in quell’incontro era presente e di quell’applauso aveva dato notizia con orgoglio, quasi si trattasse di un segno distintivo da esibire, ha espresso la volontà di incontrare i familiari delle vittime, per parlare con loro e chiarire il senso di quanto accaduto.
E proprio i familiari erano intervenuti, chiedendo provocatoriamente che fossero applauditi i morti non il responsabile di quella tragedia.
Certo, un errore può capitare a chiunque, ma quanto successo a Bergamo nello scorso fine settimana dimostra la doppia morale dei vertici confindustriali, molto bravi a chiedere agli altri di assumersi le responsabilità, mentre nessun conto è stato al massimo esponente dell’organizzazione, la Marcegaglia, appunto, che non ha avuto nemmeno la sensibilità o il coraggio di presentarsi in prima persona a chiedere scusa o quanto meno a dare spiegazioni di un gesto ignobile.
Anzi, Emma Marcegaglia ha parlato dell’applauso solo per rivendicarne con orgoglio il dato, tacendo sulle responsabilità riconosciute dai giudici di Torino a carico del tanto amato manager tedesco di Thyssen.
A parlare di regole sono bravi tutti, purchè riguardino gli altri. A questo avranno pensato i vertici di Confindustria in questi anni, abilissimi a dare pagelle a destra e a manca, e altrettanto bravi a strumentalizzare in chiave politica ogni accadimento, ma profondamente incapaci di fare autocritica. L’applauso della vergogna ha svelato, in realtà, la foglia di fico, dietro la quale si nascondono coloro che gestiscono Confindustria.