Il caso Parmalat ancora una volta sta diventando la cartina al tornasole delle divergenze nelle opinioni personali e politiche, scaldando gli animi di governo e Parlamento. Ancora una volta, ieri, il Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi è voluto tornare sul caso di Collecchio, ricordando (alla Lega?) che una soluzione alternativa all’Opa lanciata da Lactalis non c’era, e il governo non poteva bloccare l’offerta dei francesi, che è avvenuta nel rispetto delle regole e del mercato, come certificato da Vegas, presidente della Consob, la commissione chiamata a dare il suo parere sull’offerta pubblica di acquisto.
Le dichiarazioni del premier, quindi, rilanciano ancor di più i francesi, e pongono al centro della riflessione politica il problema di tutelare l’identità nazionale di certe imprese, qualora fosse ritenuto importante, ma senza confliggere con il libero mercato e le sue regole.
E proprio ieri, il cda di Parmalat ha dichiarato che l’Opa dei francesi non è stata concordata, nè rientra in un piano di collaborazione, pur non giudicando incongruo il prezzo dei 2,6 euro per azione. Lo stesso cda ha poi fatto sapere di avere dato mandato alla Goldman Sachs, al fine di effettuare una valutazione dell’offerta. E il titolo in borsa ne ha risentito positivamente, chiudendo a +1,33%.
Tornando alla politica, ieri è stato approvato alla Camera, con i voti della maggioranza e l’astensione di gran parte dell’opposizione il decreto anti-scalate, che dovrà ora passare al vaglio del Senato. Da registrare il no di un deputato Pdl, il liberale Antonio Martino, che ha accusato il Ministro Giulio Tremonti di “non avere seguito neanche un corso di economia del primo anno”. Lo scontro tra l’anima liberale in economia e quella più dirigista e statalista, dentro la maggioranza, sta uscendo allo scoperto.