Ancora lontana la soluzione del caso dell’omicidio di Carmela Rea, detta Melania, la giovane donna (29 anni) trovata morta il 20 aprile scorso nel bosco delle Casermette a Ripe di Civitella del Tronto, località non molto distante da Teramo, ma tra le ipotesi al vaglio degli inquirenti si fa sempre più strada l’idea che a sferrare le 35 coltellate, che ne hanno causato il decesso per lento dissanguamento, sia stata una donna. L’indicazione proviene dalla relazione del colonnello dell’Arma Giorgio Manzi, Comandante della Scientifica al Reparto Analisi Criminologiche, secondo il quale le modalità dell’aggressione e le caratteristiche delle lesioni provocate, tutte poco profonde, nessuna delle quali mortale, sarebbero da ricondursi ad una persona non particolarmente forte che avrebbe colpito la vittima in preda ad un impeto isterico, agendo in maniera selvaggia e scomposta.
Parallelamente, si riduce la lista delle tre persone “attenzionate” dagli inquirenti: al centro delle indagini resta il marito di Melania, Salvatore Parolisi (30 anni), una volta alleggeritasi – grazie ad alibi convincenti – la posizione di un amico di questo, un agente di custodia che ha partecipato alla prima fase delle ricerche della donna scomparsa, e di un conoscente, vicino di casa della coppia. Sul vedovo, invece, caporalmaggiore dell’Esercito e istruttore di reclute femminili del Reggimento Piceno ad Ascoli, a causa di dichiarazioni tardive e una certa reticenza rilevata dagli investigatori, incombe il sospetto di aver raccontato meno di quanto sappia. In particolare, si fa riferimento alla rivelazione del Parolisi di un momento d’intimità vissuto con la moglie proprio nel bosco delle Casermette una decina di giorni prima della scomparsa di Melania, episodio che sarebbe sembrato costruito a posteriori ad hoc per giustificare l’eventuale ritrovamento di sue tracce biologiche sul luogo del delitto; tardiva sarebbe giunta anche la confessione di una sua relazione extraconiugale, già conclusasi da tempo, con una delle reclute da lui addestrate.
Ma le ombre – finora solo voci – non sono tali da far inserire il suo nome nel registro degli indagati: sul laccio emostatico e sulla siringa trovati sul cadavere di Melania, nessuna traccia del suo Dna, mentre dalle analisi dei Ris si aspetta di avere elementi certi, come di chi sia il sangue ritrovato sul sedile passeggeri della sua auto e quello rinvenuto in piccolissime quantità sul chiosco delle Casermette. Giallo ancora sulla borsa che Melania portava con sé il giorno della gita – ripresa dalle telecamere del supermercato dove la donna si era recata – e non ancora ritrovata, e sulla misteriosa sparizione di un trolley, che un testimone avrebbe visto nell’auto del Parolisi sempre lo stesso giorno.
Certamente la pista passionale pare essere la più battuta: un testimone ha raccontato di aver visto, il giorno della scomparsa di Melania, una donna venire giù da Colle San Marco e attraversare a passo sostenuto il bosco proseguendo verso Ascoli: era un orario compreso tra le 15:30 e le 16:00, compatibile con l’allontanamento della donna dal luogo in cui aveva lasciato il marito e la piccola Vittoria, la figlia di 18 mesi della coppia.