Ieri, l’annuncio dell’amministratore delegato Fiat, Sergio Marchionne, il quale ha dato la notizia che Fiat è già al 46% del gruppo automobilistico di Detroit, la Chrysler, prospettando come al più presto, Fiat acquisirà l’ulteriore 5% delle azioni, per raggiungere la maggioranza assoluta, con il 51% della quota in Chrysler. Un’operazione, aggiunge Marchionne, che dovrà essere compiuta subito dopo il consolidamento dei conti di Fiat in Chrysler. Felicitazione è stata espressa anche dal Presidente di Fiat, John Elkann, il quale ha commentato che l’unione tra Fiat e Chrysler consentirà al nuovo gruppo di tenere testa alla concorrenza in tutto il mondo, grazie alla varietà della gamma di prodotti offerti.
E, intanto, in Italia le polemiche sul gruppo torinese non si placano, anzi si arricchiscono anche del nuovo fronte internazionale. In particolare, è la Cgil di Susanna Camusso e i suoi metalmeccanici di Fiom che guardano con preoccupazione alle mosse di Marchionne, che, secondo il sindacato confederale, sarebbe orientato a investire in America e a disinvestire in Italia.
Il fronte delle polemiche riguarda anche il referendum presso lo stabilimento dell’ex Bertone, che Marchionne vorrebbe rilanciare, con l’applicazione del contratto di Mirafiori e Pomigliano, che Fiom osteggia fortemente, non avendo il coraggio, tuttavia, di pronunciarsi esplicitamente per il no al referendum, poichè l’alternativa sarebbe la chiusura dello stabilimento e lo spostamento delle attività a Torino, dove i lavoratori avrebbero ugualmente il contratto tanto osteggiato da Cgil-Fiom.
E sul punto è anche intervenuta Emma Marcegaglia, presidente di Confindustria, che ha auspicato che anche nel caso prevalessero i no, la Fiat investa nello stabilimento.