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Ex Bertone, Fiom nell’angolo non dà indicazioni voto referendum

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Giuseppe Timpone

La sigla dei metalmeccanici della Cgil, Fiom, ormai relegata all’ultimo banco delle relazioni industriali, per la sua politica di assoluta chiusura, nonchè di politicizzazione di vicende aziendali, che si potrebbero risolvere in modo più tempestivo e pacifico, è costretta dagli eventi a non dare alcuna indicazione di voto, per il referendum del 2-3 maggio alla ex Bertone, la fabbrica di 1100 dipendenti, ormai ferma da circa 6 anni, che Marchionne vorrebbe fare ripartire, applicando ai dipendenti dello stabilimento lo stesso contratto di Mirafiori e Pomigliano.

L’alternativa, per l’ad Fiat, è la chiusura della fabbrica e il trasferimento della produzione a Mirafiori, dove i lavoratori avrebbero lo stesso contratto, che eventualmente sarebbe rifiutato nell’ipotesi di una vittoria dei “no” al referendum.

Fiom è assolutamente contraria al nuovo contratto, ma non riesce a dare un’indicazione di voto chiara, perchè in caso prevalessero i “no”, sarebbe accusata di aver fatto chiudere lo stabilimento, essendo la sigla sindacale di maggioranza.

Nel caso, invece, di vittoria dei “sì”, vedrebbe comunque sconfessata la propria linea massimalista, con l’adozione dello stesso contratto di Mirafiori e Pomigliano, contro cui si è battuta ferocemente.

E tra i lavoratori Fiat cresce la diffidenza contro la Cgil e il suo sindacato dei metalmeccanici, con un crollo verticale degli iscritti a Pomigliano, che si riducono di circa un terzo. Una situazione di allarme che non sarà sfuggita al segretario confederale, Susanna Camusso, che per recuperare consenso si lancia in manifestazioni e agitazioni di piazza, come quella del 6 maggio prossimo a Roma, che hanno il gusto dell’esacerbazione degli animi e dell’attizzamento della tensione contro governo e imprenditori, al fine di creare un clima da scontro frontale, cercando di serrare le fila interne.

Ma il sindacato di Camusso è in declino e lo conferma il dato clamoroso di una non decisione, in occasione di un referendum aziendale. La Cgil non è più in grado di guidare i lavoratori, al contrario vorrebbe sfruttare un loro voto, in ogni caso, per fare ricadere su di loro la responsabilità che il sindacato confederale non è in grado di assumersi.

 

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