Obama: niente tagli alle tasse per i ricchi

Non ci sta il primo presidente afro-americano della storia degli USA a passare per lassista; dopo la bocciatura di Standard & Poor’s, che ha minacciato di declassare i conti pubblici americani entro due anni, se non verranno adottate misure concordate di riduzione strutturale del deficit federale, tutta Washington, anzi, tutta l’America si interroga sul da farsi per evitare un “downgrade”, che suonerebbe come una sconfitta sonora alla classe politica del Paese – nonchè come la caduta di un impero – costretta a stare dietro stati come la Germania per affidabilità dei suoi titoli pubblici. Solo una settimana fa, Barack Obama andava in giro per gli USA a sostenere la necessità di non ridurre la spesa pubblica, nonchè di tenere alto il deficit federale, in funzione anti-ciclica, a sostegno delle ripresa.

In poco più di qualche giorno, i toni alla Casa Bianca sono cambiati, con un Obama pronto a intervenire per ridurre il disavanzo federale, con misure di tagli per 4 mila milairdi di dollari in dieci anni. Anche prima della bacchettata di S&P, la Casa Bianca aveva proposto il piano, ma adesso si cerca di dimostrare che si fa sul serio, consapevoli che l’opinione pubblica non è disposta a digerire l’immagine di un’America sprecona e lassista sui conti pubblici.

E allora ecco che Obama si mette subito in gioco, promettendo più rigore sui conti, ma rimarcando le differenze con le richieste che provengono dalla parte dei Repubblicani. Tutti, sostiene il presidente, dovranno fare sacrifici, a partire dalla classe più ricca, a cui non verrebbero concessi gli ulteriori tagli alle tasse previsti dalla precedente amministrazione di George W.Bush.

Cerca, dunque, di non perdere l’appeal del presidente della classe media Barack Obama, avvertendo il crescente distacco della middle class dalla sua amministrazione, che nell’immaginario dell’americano medio è associata a tasse e più burocrazia e controlli; caratteristiche che hanno fatto il successo, forse imprevisto nei tempi, della destra repubblicana più libertaria in economia, guidata dalla già candidata alla vice-presidenza degli USA nel 2008, Sarah Palin, che si è posta a capo di una crociata contro la Casa Bianca di Obama, con i suoi “Tea Party“.

Restano 18 mesi da oggi alle elezioni e si prevede, come sempre capita nell’ultimo biennio di un’amministrazione, il rinvigorirsi di tutte le diatribe tra Repubblicani e Democratici. Ma ciò che differenzierà lo scontro questa volta sarà la disillusione crescente dell’elettorato medio americano che, dopo avere girato le spalle ai Repubblicani nel 2008, ha già rivisto il suo voto in parte nel novembre del 2010 e potrebbe completare l’opera alle presidenziali del prossimo anno.

 

 

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