Meno chiari, invece, i contorni e i contesti nei quali sarebbe maturato il delitto. Il gruppo di “al-Tawhid wal-Jihad”, composto da ultaintegralisti salafiti filo-Al Quaida, a nome del quale in un primo momento era stata rivendicata tutta l’operazione, ha preso le distanze dal rapimento affermando la propria estraneità alla vicenda condannandone anzi l’insensato e feroce epilogo. L’ipotesi più probabile accredita la responsabilità ad una “cellula fuori controllo” dell’organizzazione, che avrebbe agito dunque in maniera autonoma rispetto ai vertici ufficiali, i quali invece stigmatizzano l’azione come contraria all’insegnamento dell’ Islam e ai propri interessi.
Si tratterebbe dunque di elementi isolati – probabilmente cinque – in seno ad un movimento religioso che si presenta frammentato nella sua compagine e nelle modalità di opposizione al governo ufficiale di Hamas, ritenuto generalmente troppo moderato nell’interpretazione della shari’ah, la legge islamica, sia nella lotta contro l’occupazione israeliana.
Hamas, dal canto suo, sposta l’attenzione dalla pista interna delle fazioni palestinesi a quella esterna israeliana. E’ lo stesso ministro dell’interno di Gaza, Mohammad Ahmed, a individuare in Israele il vero interesse alla base dell’omicidio di Arrigoni, reporter troppo attento e troppo attivo nel testimoniare i crimini commessi nella Striscia dall’esercito israeliano, nonchè le violenze e le stragi di cui è vittima il popolo palestinese.
Intanto in questo momento, ore 12:00 italiane, presso il valico di Rafah, al confine tra Gaza e l’Egitto, stanno avendo luogo i solenni funerali organizzati da Hamas per dire addio alla salma di Vittorio, che poi procederà verso l’Italia.