Il Nepal è una terra ricca di superstizioni e credenze, ben radicate soprattutto tra contadini, pastori e tra tutta quella fascia di popolazione povera che vive nei piccoli centri isolati dalle città. Le credenze religiose hanno un fortissimo impatto sulla vita di queste persone. Le feste organizzate in onore delle divinità sono legate a tradizioni antiche di 200 anni e portano con sè tutto un bagaglio culturale difficile da eliminare. Ma c’è chi oggi si oppone al sacrificio di migliaia di animali ogni anno, nelle pubbliche piazze, durante le feste religiose. Basti pensare alla festa del Gandhimai, in onore della Madre Terra, durante la quale vengono uccisi circa 500.000 animali, tra cui bufali, galline, capre , caproni. Questa festa si svolge dal 24 al 26 novembre e gli animali vengono sgozzati pubblicamente nella convinzione che la loro energia e il loro sangue possa dare forza alla Madre Terra. Durante il Dashain, a Dakshinkali, gli animali vengono uccisi per ringraziare gli dei per i buoni raccolti, per le pioggie e per chiedere loro di mantenere inalterato il ciclo vitale. Già 2 anni fa Maneka Gandhi, vedova del defunto Sanjay Gandhi, aveva denunciato il business economico che c’era dietro ognuna di queste feste, a partire dai venditori di alcol, fino a coloro che prestano soldi per l’acquisto degli animali. Altissimo è il guadagno anche nell’import/export degli animali stessi, delle pelli e delle carni. Alla sua protesta si unì un corteo che sfilò a Bara chiedendo di sostituire i sacrifici animali con prodotti vegetali e frutta. L’appello di Maneka è stato ripetuto anche quest’anno, sull’onda della denuncia fatta dall’Animal Welfare Network Nepal che ha chiesto la fine di queste tradizioni sanguinose.