In un World Economic Outlook (WEC), che verrà pubblicato la prossima settimana, il Fondo Monetario Internazionale lancia l’allarme sui livelli produttivi di petrolio, aggangiandosi alla crisi attuale delle quotazioni del greggio, giunte ormai ai massimi da circa due anni, con il Brent europeo già quasi sui 123 dollari al barile e il Wti di New York ben oltre la soglia dei 100 dollari al barile.
Secondo il Fmi, non bisogna ormai crearsi aspettative di crescita annua dell’output (offerta) del greggio dell’1,8%, ossia il tasso di crescita dell’offerta di petrolio tra il 1981 e il 2005. Secondo l’organizzazione di Washington, siamo di fronte a una riduzione della capacità dell’offerta di aumentare il suo volume annuo, che dovrebbe attestarsi intorno allo 0,8% all’anno. Se così fosse, nei prossimi anni non assisteremmo a effetti drastici sulla crescita, che semmai subirebbe un calo nel medio-lungo termine dello 0,25%. Tuttavia, avverte lo stesso WEC, se tale tasso fosse inferiore, ci troveremmo di fronte a un impatto più significativo sul tasso di crescita di pil del pianeta (crescita bassa di offerta di petrolio = aumento del prezzo del greggio = inflazione da costi = riduzione della produzione e della domanda di mercato, quindi, determinazione di un minore volume di scambio sui mercati).
E da ora in avanti, sostiene il rapporto del Fmi, sarà sempre più difficile distinguere tra shock petroliferi tradizionali, con temporanei cali dell’offerta, e scarsità strutturale del livello di greggio offerto sui mercati.