C’è cho, addirittura, si spinge a ritenere possibile il raggiungimento in poche sedute dei livelli massimi mai raggiunti sul biglietto verde, oltrepassando quota 1,4575.
Fondamentalmente sono due i fattori che giocano in favore del rafforzamento dell’euro: la politica monetaria di BCE e Fed e la paralisi nel Congresso USA.
La BCE domani si accinge ad alzare il livello dei tassi, anticipando le maggiori banche centrali nella strada della stretta monetaria, che dovrebbe comportare rialzi fino a 0,50%, forse pure dello 0,75%, entro la fine dell’anno. Al contrario, la Fed ha appena confermato la sua intenzione di perseverare in una politica accomodante di tassi zero, e le prospettive sarebbero tali anche dopo giugno, rendendo deboli le previsioni sul dollaro.
C’è poi la questione relativa al bilancio federale. I Democratici e i Repubblicani, quest’ultimi ora maggioranza al Congresso, non hanno ancora trovato un accordo, prospettando una situazione di paralisi, che si ebbe solo nel 1995, sotto la presidenza Clinton. E anche allora, i Repubblicani avevano ottenuto da poco il controllo del Congresso.
Motivo della discordia è la diversità di impostazione sulla politica fiscale. Obama vorrebbe perseguire le misure di deficit spending, a sostegno dell’economia, mentre l’opposizione dei Repubblicani vorrebbe tagli alla spesa federale, per risanare l’enorme buco fiscale che l’attuale amministrazione ha fatto esplodere. E la paralisi politica su un tema così importante, quale la politica economica di uno stato, non può che gravare negativamente sullo scenario futuro del dollaro.