Il rinvio consentirebbe, dunque, di avere un maggiore margine di tenpo, per organizzare una cordata nazionale, da contrapporre alla scalata francese di Lactalis, che già detiene il 29% delle azioni, divenendo azionista di maggioranza relativa.
Lo stesso rinvio, inoltre, impedirebbe al momento alla società francese di ottenere il controllo del cda di Parmalat, essendo ora in grado di nominare consiglieri di sua fiducia, all’interno dell’assemblea degli azionisti.
Tuttavia, la vittoria è per ora solo teorica, perchè non c’è ancora una base seria di partenza per organizzare una contro-scalata e comunque resta un fatto umiliante che sia dovuto intervenire il governo, con un decreto ad hoc, per dare ossigeno a una qualche realtà potenziale nazionale contrapposta a Lactalis.
Al momento, non esiste un piano industriale, nè finanziario. Ferrero e Granarolo di dicono disponibili a partecipare, ma non intenderebbero sganciare quattrini. Ferrero resta sempre alla finestra, mentre Granarolo si dice disposta a un’integrazione industriale con Parmalat, al fine di creare un polo alimentare italiano.
Ma aldilà delle buone intenzioni si parla di 3 miliardi di euro necessari all’operazione. Ferrero sarebbe la sola in grado di immettere tanta liquidità, con il suo fatturato annuo di 4 miliardi, ma pare che questa non sia la sua intenzione. E, intanto, si affacciano due fondi, che coordinati da Intesa, sarebbero disponibili a finanziare la cordata tricolore.