Il premier spagnolo Luis Zapatero, ai minimi di popolarità, da quando nel 2004 arrivò forse fortuitamente al potere, parla della crisi che ha colpito la Spagna, con una recessione più prolungata rispetto al resto d’Europa e un dramma occupazionale, che si palesa in un tasso di disoccupazione del 20%, il più alto di tutta l’Unione Europea.
Zapatero è soddisfatto dell’andamento dei mercati, che nelle ultime settimane hanno iniziato a riprendere fiducia verso la Spagna. Le ultime aste di Madrid, per il collocamento dei titoli di debito, hanno visto un calo dei rendimenti, sia a breve che a medio-lungo termine, sintomo di un clima di scampato pericolo. Anche lo spread sui Bund tedeschi, presi a riferimento per l’Eurozona, segnala un restringimento.
Alcuni traders, inoltre, pronosticano un ulteriore calo del differenziale con la Germania, grazie alle riforme di austerità messe in campo dal governo. E proprio su queste si sofferma Zapatero, che sostiene che abbiano inciso positivamente nel favorire la ripresa della fiducia dei mercati. Nota dolente, invece, l’occupazione. Il premier promette di assumere tutte le iniziative necessarie a risolvere questo problema.
Ma paradossalmente, se il governo di Madrid piange, quello di Berlino non ride. Nonostante una ripresa solida della locomotiva tedesca, con una crescita del pil del 3,6% nel 2010, un tasso di disoccupazione al 7% e conti pubblici in ordine, i partiti della coalizione al governo federale, la Cdu-Csu di Angela Merkel e la Fdp dei liberali hanno preso in questi mesi una batosta dietro l’altra, alle elezioni regionali e proprio ieri, i conservatori della Merkel hanno perso il Baden-Wuerrttemberg, dopo ben 60 anni di potere. Segno che non sempre i buoni esiti dell’economia si accompagnano ai buoni risultati elettorali per chi governa.