In queste ore potrebbe intensificarsi in borsa lo scontro tra la società francese Lactalis, colosso alimentare, che possiede tra gli altri, i marchi italiani di Granarolo e Invernizzi, e alcuni gruppi italiani, intenzionati a sottrarre alla Francia un asset importante come Parmalat.
Lactalis ha già acquisito il 14% delle azioni di Parmalat e vorrebbe giungere al 29%, una percentuale che le consentirebbe di diventare azionista di maggioranza, senza incorrere all’Opa obbligatoria, che scatta al 30%. Stessa quota a cui punta la cordata italiana, che l’ad di Intesa, Corrado Passera, sta creando, per evitare che il gruppo passi in mani francesi, magari trasferendo oltralpe il know-how italiano.
Qui, infatti, non si tratta di un caso Alitalia, ossia di un’azienda fallimentare, in cui l’allora cordata italiana intervenne poco convinta e dietro assicurazioni del governo di Roma. Parmalat fattura 4 miliardi di euro all’anno, con una redditività del 9%, il che fa gola a tutti.
Il 15% restante da rastrellare sul mercato, per arrivare al 29%, appartiene a tre fondi: Zenit, MacKenzie, Skagen. Su questi punta Lactalis, per diventare azionista di maggioranza di Parmalat.
Ma nelle ultime ore si sta consolidando una cordata alternativa tricolore, i cui nomi sono Ferrero, Bolton Group, Granarolo.
La sola Ferrero ha un fatturato annuo di 9 miliardi, un colosso alimentare che potrebbe trovare conveniente anche sotto il profilo industriale l’acquisto di un pacchetto rilevante di Parmalat. E a gioire in queste ore sono i piccoli azionisti della società di Parma, corteggiati da più parti, che vedono il valore dei titoli crescere tra le mani. Tutt’altra storia di quella di 7 anni e mezzo fà.