L’inizio delle operazioni militari in Libia – seppur “limitate”, come ha precisato il Presidente Usa Barack Obama – hanno innescato anche in Italia un forte dibattito interno che ci restituisce un quadro quantomeno insolito del panorama politico.
In particolare, stiamo assistendo alla formazione di schieramenti trasversali che si collocano su due posizioni ben precise: c’è chi è d’accordo con l’intervento e chi invece contesta aspramente la decisione assunta dal vertice di Parigi.
Ciò che stupisce però, come detto, è che forze politiche fino a ieri agli antipodi, oggi si ritrovino – sia chiaro, per motivi diversi – unite da termini come “neo-colonialismo” o “attacco alla Costituzione”, in funzione di opposizione alla collaborazione che il Governo ha garantito all’Onu.
L’oggetto del contendere, del quale però è bene analizzare singolarmente le motivazioni, è rappresentato da due aspetti fondamentali: il rispetto dell’art. 11 della Costituzione, che recita “L’Italia rifiuta la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali” e, pur volendo ammettere l’utilità dell’intervento, la necessità di una discussione parlamentare.
Il Capo dello Stato è stato chiaro nella giornata di ieri: “E’ questo il momento di dimostrare il senso di unità nazionale che ci contraddistingue” – ma il suo invito è caduto nel vuoto.
La prima crepa si è aperta con le critiche della Lega alla decisione del Governo di mettere a disposizione della coalizione Nato le basi militari prima, e gli aerei poi.
E’ stato Umberto Bossi a dichiarare, immediatamente dopo l’attacco, la posizione che la Lega avrebbe assunto: “E’ un intervento che porterà altre migliaia di clandestini sulle coste di Lampedusa, dovevamo starne fuori“. Gli ha fatto eco oggi il Ministro per la Semplificazione Normativa Roberto Calderoli, che ha bollato l’attacco a Gheddafi come un’operazione di neo-colonialismo. “C’è modo e modo di tutelare i diritti umani, vediamo di non esagerare” – ha sentenziato l’esponente leghista, per poi tornare sulla questione di fondo: “Già ora abbiamo un problema con gli sbarchi che con la guerra in Libia aumenteranno e comunque serve una discussione parlamentare che assicuri che la spedizione contro Gheddafi non si trasformi in una nuova colonizzazione“.
La risposta del Governo non si è fatta attendere. Il Ministro della Difesa La Russa ha infatti invitato gli alleati a correggere il tiro: “Avremmo fatto volentieri a meno di questo conflitto, ma l’Onu ci ha chiesto di intervenire a difesa del popolo libico e non possiamo sottrarci” – sostenuto dal Movimento dei Responsabili, la nuova formazione parlamentare, nata a sostegno del Governo, che esprime “vivo apprezzamento per il contegno assunto dal Premier in questa vicenda”
Le beghe interne alla compagine di Governo trovano però un contraltare tra le file dell’opposizione.
Il Terzo Polo, compatto, pur “dichiarando il proprio convinto sostegno all’intervento in Libia” , non nasconde di ritenere “assolutamente necessaria una verifica in Parlamento. Con una discussione che dia forza alla missione e permetta a tutte le forze politiche di assumere le proprie responsabilità dinanzi ad una crisi internazionale di questa portata“.
Sostanzialmente concorde anche il Partito Democratico che, per mezzo del senatore Stefano Ceccanti, fa sapere che “l’intervento in Libia rientra fra le competenze che l’Onu ha assegnato agli Stati Membri per garantire la protezione della popolazione autoctona, stritolata dal cappio dittatoriale di Gheddafi” e che “ad iniziare dal Segretario Bersani, purchè si segua una linea coerente, il Pd appoggerà la missione“.
Più cauta invece l’Italia dei Valori, con Antonio Di Pietro che avverte: “Dall’intervento umanitario e di interdizione si sta rischiando di passare a un intervento di colonizzazione, e questo è pericoloso” – “Vogliamo che siano rispettati i limiti del mandato dell’Onu e chiediamo che il Governo riferisca in Parlamento per sapere in base a quale assunzione di responsabilità di governo sono stati mandati anche i nostri aerei“.
E’ Nichi Vendola a chiudere poi definitivamente la porta a qualsiasi tipo di apertura al Governo. Il leader di SEL, che da mesi ormai costituisce uno degli interlocutori privilegiati di Pd e Idv in chiave elettorale, condanna duramente l’intervento armato.
“La Risoluzione Onu poteva essere letta in molti modi. Si è scelta invece la strada più rischiosa riproducendo il ciclo paradossale di impedire il massacro di civili, attraverso massacri di civili” – ha tuonato il Presidente della Regione Puglia, che ha poi proposto di “fermare le ostilità per tornare all’utilizzo della via diplomatica“.
Ancora più duro Oliviero Diliberto, portavoce della Federazione della Sinistra: “Petrolio e gas sono i veri obiettivi. Altro che questioni umanitarie! L’Italia abbandoni il campo da guerra libico e rispetti la Costituzione“.
Ora la palla passa ancora una volta al Governo. Le questioni sulle quali si sono concentrate le critiche della Sinistra e della Lega, insolitamente concordi in chiave anti-governativa, sono importanti e meritevoli di attenzione.
All’area extra-parlamentare ha risposto anche il Presidente della Repubblica, affermando che “la Costituzione è ampiamente rispettata, in quanto non siamo in guerra ma stiamo assolvendo i compiti che l’Onu ci ha affidato al fine di difendere il popolo libico“.
Alla Lega dovranno invece controbattere il Governo –che, tra l’altro, rischia di venire incalzato non solo sulla questione del dibattito parlamentare ma anche sui costi che si dovranno affrontare (il lancio dei primi 110 missili è già costato 58 milioni di euro all’amministrazione americana)- e l‘Unione Europea che dovrà risolvere le ambiguità in tema di accoglimento degli immigrati.
Tutto questo mentre l’isola di Lampedusa è in rivolta. I residenti, lungi dal non voler accogliere i profughi, sono però convinti della necessità di una politica comune degli Stati membri che sollevi il primo avamposto italiano nel Mediterraneo dalle difficoltà che l’esodo (destinato indubbiamente ad intensificarsi) sta creando.