Quasi come fosse un affare scontato, è iniziata l’offensiva della Comunità Internazionale contro Muhammar Gheddafi.
L’ora X è scattata alle 17:45 di ieri, quando sono stati sferrati i primi attacchi armati della coalizione formata da Usa, Gran Bretagna, Francia, Italia, Spagna e Canada, che hanno inflitto durissimi colpi alle strutture difensive del raìs.
L’attacco alla Libia si inserisce però in un contesto più ampio che disegna l’approssimarsi di una nuova fase storica per tutto il Nord Africa.
Nelle ultime settimane infatti sembra essersi messa in moto una catena di eventi che è destinata a sconvolgere le vecchie certezze geopolitiche del Mediterraneo.
E proprio all’interno di questo generale sommovimento si innesta la vicenda libica che sempre più da vicino interessa il nostro Paese.
L’attacco a Gheddafi rappresenta il primo intervento armato della comunità internazionale dopo la guerra in Iraq ed è per questo che è necessario ricostruirne in modo preciso e schematico le tappe.
LE RISOLUZIONI ONU Il primo pronunciamento ufficiale del Consiglio di sicurezza dell’ONU è arrivato il 26 febbraio con la Risoluzione 1970.
Sull’onda dei disordini scoppiati in tutto il Nord Africa infatti, anche il popolo libico si era riversato nelle piazze del Paese per chiedere la fine del regime di Gheddafi ma la risposta del colonnello era stata netta. Spari sulla folla e repressioni di tutti i mezzi di informazione.
Nei confronti delle violazioni dei diritti umani garantiti dall’ONU, il Consiglio di sicurezza ha risposto dunque con il monito della risoluzione, irrogando al contempo importanti sanzioni al regime di Gheddafi, oltre all’embargo di armi e al divieto di espatriare per i fedelissimi del colonnello.
Il protrarsi delle proteste ha portato però ad un nuovo squilibrio. I ribelli libici hanno iniziato a conquistare parti importanti del Paese, innescando la violenta reazione del raìs che, superato il primo momento di difficoltà, ha riorganizzato il proprio esercito e si è scagliato contro i rivoltosi.
Il risultato è stato quello che ha portato l’Onu a pronunciarsi nuovamente lo scorso 17 marzo: ancora repressione della folla e vittime anche tra i civili.
Il punto di rottura si è raggiunto quindi con la Risuoluzione 1973 con la quale il Consiglio di sicurezza ha definitivamente messo alle strette Gheddafi.
Nel documento, approvato senza i voti della Cina e di una manciata di altri Paesi, si è condannata la reazione del regime alle proteste e si è deciso di autorizzare gli Stati membri ad intraprendere tutte le azioni necessarie a difesa del popolo libico.
Si è imposto un immediato “cessate il fuoco” e si è innalzata la “No fly zone” sui cieli libici, proprio per impedire rappresaglie sui civili.
E’ stato poi rafforzato l’embargo e si è attuato il congelamento dei beni esteri di Gheddafi.
LA REAZIONE DI GHEDDAFI Dopo due giorni di attesa, è arrivata, veemente, la reazione del raìs libico. Dal punto di vista del territorio infatti i ribelli, pur non chiedendo espressamente aiuto, hanno iniziato ad indietreggiare, schiacciati dall’esercito lealista.
Le posizioni precedentemente conquistate sono state perse e Gheddafi, violando il “cessate il fuoco” ha ripreso la marcia verso le aree che gli erano state sottratte dai rivoltosi.
IL VERTICE DI PARIGI Proprio la violazione del coprifuoco imposto dall’ONU è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso.
Dopo i primi momenti di esitazione, l’Europa è scesa in campo, promuovendo a Parigi un tavolo di trattative a cui hanno partecipato l’Ue, la Lega Araba e il Segretario Generale delle Nazioni Unite Ban ki moon. Alla discussione non ha preso invece parte l’Unione Africana.
La riunione ha dato l’esito che tutti si attendevano.
Il Presidente Francese Sarkozy ha dichiarato l’inizio delle operazioni militari, offrendo comunque a Gheddafi la possibilità di fermare i propri attacchi contro i civili per evitare una reazione ancora più dura degli Alleati.
LE PAROLE DI OBAMA E L’INTERVENTO Poche ore dopo sono iniziati gli attacchi. Il Presidente Usa Obama ha comunicato di aver “autorizzato una limitata azione militare” contro la Libia e alle 17:45 sono stati lanciati i primi missili.
La comunità internazionale quindi, in applicazione della Risoluzione 1973 ha posto in essere l’estremo tentativo di proteggere i civili libici. Hanno preso parte all’attacco gli Usa, la Francia e la Gran Bretagna, mentre Canada, Spagna e Italia hanno scelto di collaborare indirettamente. In particolare il nostro Paese ha messo a disposizione le proprie basi militari e, nella giornata di oggi, ha assicurato all’Onu la disponibilità di 8 aerei che compiranno le operazioni che saranno richieste dal comando generale.
IL FRONTE ESTERNO Sul fronte esterno, dopo l’invio di alcuni aerei in ricognizione, gli attacchi degli Alleati sono proseguiti per alcune ore. Nessuna operazione di terra; sono stati lanciati esclusivamente missili con l’obiettivo di colpire le principali basi difensive di Gheddafi.
In particolare, la coalizione occidentale ha riferito di aver colpito alcune batterie missilistiche anti-aeree e di aver dunque inflitto un duro colpo al regime.
I bombardamenti, che secondo quanto riferito dalla tv di Stato libica, avrebbero colpito anche alcuni obiettivi civili, sono terminati nella tarda serata.
IL FRONTE INTERNO Sul versante della rivolta interna invece si registrano alterne fortune per quel che concerne la situazione dei ribelli.
Dopo l’avanzata di Gheddafi verso Bengasi, i rivoltosi sono stati costretti a ritirarsi e a cedere alcune importanti zone del Paese.
LA REAZIONE DI GHEDDAFI Con la fine dei primi attacchi, è tornato a parlare Gheddafi. Stavolta il leader libico non ha apostrofato la folla in piazza, ma si è affidato ad una telefonata alla tv di Stato. Il colonnello ha avvertito gli occidentali: “Sarà un inferno. Voi credete che sarà una guerra lampo, ma vi assicuro che combatteremo veementemente per annientarvi”. Il raìs ha proseguito poi con le accuse ed ha addirittura assimilato l’intervento alleato a quello nazista che determinò lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale.
Sul fronte dell’esodo dei clandestini poi ha aggiunto: “Non controlleremo più le uscite dal Paese. Da questo momento sono problemi dell’Europa”.
Le sue parole si sono chiuse con l’incitamento ai fedelissimi: “Distribuiremo armi ai civili, dobbiamo essere uniti contro la coalizione internazionale”.
LA GIORNATA DI OGGI SUL FRONTE ESTERNO Dopo una nottata abbastanza tranquilla, nelle prime ore del mattino c’è stata addirittura qualche persona che è uscita in strada.
Si è trattato però di una tregua breve, in quanto alle 11:15 sono ripresi i raid degli alleati.
Il bollettino parla di 40 missili sganciati su una base aerea e di un attacco all’aeroporto che solitamente ospita i voli dei personaggi più in vista del regime.
Intanto sono iniziate anche le operazioni belliche delle navi inglesi che hanno lanciato i primi missili verso il territorio libico.
Nella tarda mattina si sono poi alzati in volo anche i caccia e si è valutato un possibile raid anche contro obiettivi specifici.
Tuttavia si è aggravato il bilancio delle vittime tra la popolazione civile. Non solo gli scontri interni, ma anche gli attacchi degli Alleati hanno mietuto le prime vite. Si parla infatti di circa 64 vittime ed oltre 100 feriti.
Il generale statunitense Mullen ha riferito che la prima fase dell’operazione ha raggiunto risultati importanti e che il prossimo passo sarà quello di tagliare i rifornimenti dell’esercito fedele a Gheddafi.
LA GIORNATA DI OGGI SUL FRONTE INTERNO Prosegue anche la battaglia interna. Dopo gli scontri di Bengasi di ieri, nei quali hanno perso la vita circa 90 persone, i ribelli hanno dovuto cedere anche Misurata, caduta nelle mani dell’esercito lealista.
Gli scontri hanno portato alla morte di circa 10 persone.
Tuttavia la resistenza non si è fermata e si registrano carri armati ribelli in marcia verso Ajdabya.
La situazione è dunque ancora confusa. Si susseguono successi dell’esercito regolare e sconfitte inferte dai ribelli. C’è la sensazione che sia l’intervento esterno, quello promosso dalla comunità internazionale, a poter spostare gli equilibri in maniera decisiva.
IL RIMORCHIATORE ITALIANO Pur non avendo preso parte direttamente agli attacchi, sono arrivate le prime ritorsioni anche contro il nostro Paese.
Un rimorchiatore noleggiato dall’Eni, con a bordo otto italiani, due indiani ed un ucraino è stato bloccato nel porto di Tripoli.
In un primo momento si è pensato ad un sequestro, tanto che il Ministro Frattini è intervenuto sul punto dichiarando il massimo impegno della Farnesina.
La questione si è risolta solo pochi minuti fa con la liberazione del rimorchiatore che si sta dirigendo verso la piattaforma petrolifera.
LA DIPLOMAZIA INTERNAZIONALE L’attacco sferrato a Gheddafi ha provocato le reazioni dei Paesi della comunità internazionale.
Se da un lato le potenze occidentali, Italia compresa, sostengono che l’intervento era l’unica azione possibile per tentare di difendere il popolo libico, dall’altro arrivano le bocciature da parte di Cina e Russia.
In particolare la Repubblica Popolare ha espresso preoccupazione per l’intervento armato e ha ribadito, sostenuta dall’Unione Africana, che la soluzione dei raid armati non può essere accettata.
IL DIBATTITO IN ITALIA La situazione politica interna in Italia fa registrare invece lo scontro politico tra la Lega e il resto dei partiti. Il Carroccio si è schierato infatti contro l’intervento armato, giustificando la posizione assunta con la paura che possano affluire a Lampedusa nuove ondate di immigrati, e ciò ha provocato le reazioni stizzite tanto del Pdl, quanto del Pd. Per Futuro e Libertà invece l’Italia avrebbe dovuto avere un ruolo ancora più forte nella vicenda.
Cerca di calmare gli animi il Capo dello Stato che bolla come “fantasiose” le affermazioni di Bossi e richiama tutti al rispetto degli impegni istituzionali e all’unità.
Come appare dunque dalla cronaca di questa prima giornata di intervento in Libia, il vero arbitro della vicenda è rappresentato dalla coalizione internazionale.
Tuttavia non sembra che la questione possa risolversi a breve, atteso che la motivazione che ha scatenato l’attacco non è offensiva ma difensiva del popolo libico.
La forza con la quale gli Alleati interverranno nei prossimi giorni, si misurerà sulla base della convinzione o meno che da una semplice operazione di protezione dei civili si debba passare ad un’azione di destituzione del regime di Gheddafi.
Per questo è necessario che la coalizione sia allargata al maggior numero di Paesi possibili e che, come auspicato dal Governo Americano, prendano parte a questa operazione internazionale anche i Paesi del mondo arabo.