Il Presidente dell’Eurogruppo, Jean-Claude Juncker, non si è scomposto, nel valutare il montante del debito pubblico italiano, giunto a gennaio a 1880 miliardi di euro. Juncker ha sottolineato come vada valutato il rapporto tra debito e pil e non già il valore nominale del debito di uno stato.
Poi, soffermandosi sulla specificità del caso italiano, con un rapporto debito/pil al 118%, il Presidente si è detto fiducioso che esso verrà ridotto, avendo ricevuto rassicurazioni in tal senso.
E la partita del debito avrà fatto poco rumore tra la stampa quotidiana, ma rappresenta uno dei punti cruciali del futuro dell’Eurozona, perchè le decisioni assunte a Bruxelles pongono fine a decenni di lassismo e di finto rigorismo sui conti pubblici.
L’Italia non si oppone a una politica del rigore, ma teme che un’applicazione immediata di tutte le nuove regole possa comportare la necessità di misure fortemente restrittive, che oltre ad avere effetti sociali negativi, potrebbero incidere negativamente anche sulla crescita di breve periodo.
Ed ecco che Tremonti ha ottenuto l’approvazione della regola dei cosiddetti “fattori rilevanti”. Per giudicare il livello di debito di uno stato membro della zona euro non basterà solo l’indice debito/pil, ma anche il livello di indebitamento privato di quello stato e la composizione del debito pubblico stesso. E qui l’Italia conta di sottrarsi a misure di austerità totale, grazie alle ottime finanze private, caratterizzate da elevati risparmi delle famiglie e bassissimi debiti di tutto il settore privato.