Il Presidente di Unicredit, Dieter Rampl, ha affermato che l’istituto da lui guidato si atterrà scrupolosamente alle indicazioni che verranno da Bruxelles e da Roma, in relazione alle sanzioni economiche che colpiranno gli investimenti libici nell’Unione Europea. Una degli aspetti delle sanzioni, decise a Bruxelles, riguarda il congelamento delle quote azionarie dei cinque principali fondi libici, connessi al regime di Gheddafi, e a cascata, di tutte le società controllate.
Le società libiche, quindi, che hanno investimenti azionari nella UE, non potranno dismettere le loro quote, non potranno riscuotere i dividendi e nè esercitare il diritto di voto in assemblea.
Tutto ciò, al fine di evitare che i fondi libici vicini al regime di Tripoli possano appropriarsi di liquidità, da utilizzare in sostegno di Gheddafi.
Unicredit diventa così una delle società più interessate dalle sanzioni, le cui modalità di attuazione devono ancora essere messe a punto. In Unicredit, infatti, la Lia (un fondo libico, controllato dal ministero della difesa) e la banca centrale di Tripoli hanno rispettivamente quote per 2,5% e per il 5%.
Altre società italiane coinvolte sono la Juventus, con una partecipazione libica intorno al 7,5% e Finmeccanica.
Per la società di calcio ci potrebbero essere ripercussioni per gli altri azionisti, in quanto prevendosi un aumento di capitale, i libici non potranno parteciparvi, con la conseguenza che i restanti azionisti dovranno sborsare una quota maggiore.