Ibra e Seedorf: due facce (tristi) della stessa medaglia

Dalla notte dei rimpianti di White Hart Lane il Milan esce col morale basso ma comunque con la testa alta per la buona prestazione fatta. Una notte così non si dimentica: sfiorare di riaprire il discorso qualificazione per quasi novanta minuti creando tanto e segnando poco di certo non consola.

Al novantesimo, sul prato di Londra, due uomini rimangono in silenzio tra la bolgia dei tifosi degli Spurs. Seedorf e Ibrahimovic guardano il vuoto.

Il primo, Seedorf, ha le lacrime agli occhi: strano per uno che questa coppa l’ha vinta quattro volte con tre maglie diverse. Probabilmente quella che potrebbe essere stata la sua ultima in Champions l’aveva immaginata diversamente. Il professore, come lo chiama Galliani, ha disputato sicuramente la miglior gara della stagione e, responsabilizzato anche dalla fascia di capitano, ha cercato in tutti i modi di recuperar palloni e far ripartire i suoi alla caccia di un gol che non è mai arrivato.

Il secondo, Ibra, ha già tradito la promessa fatta ai suoi nuovi tifosi:”Vinciamo tutto” aveva detto il giorno della sua presentazione. Il problema di Ibra è il solito: queste partite le sente forse troppo, proprio perchè ha troppa voglia di deciderle. Fatto sta che per vincere una competizione così importante bisogna scendere in campo con la testa piena di motivazioni e con la voglia di sacrificarsi per la squadra. Scalciare, sgomitare, essere punto di riferimento per i compagni: questa la partita di Peter Crouch. Un solo tiro in novanta minuti, qualche sponda ed essere pescato troppe volte in fuorigioco: questa la partita dello svedese. E non chiedetevi perchè non sia passata la squadra più forte…

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