La crisi libica sta avendo ripercussioni disastrose sui prezzi del petrolio, passato in poche settimane da una media di circa 80 dollari al barile, a oltre 115 dollari per il Brent e intorno a 105 dollari per il Wti.
I motivi di questa impennata stanno nei timori di una forte compressione dell’offerta, sia come conseguenza diretta di un blocco degli impianti petroliferi in Libia, che per l’espandersi dei tumulti in tutti gli stati arabi, minacciando i livelli estrattivi attuali di petrolio.
Ieri, in buona parte, si è realizzato quanto temuto dagli investitori, dato che sarebbe stato colpito l’oleodotto di Ras Lanuf, uno dei maggiori centri di stoccaggio del Paese e un altro impianto avrebbe chiuso, a causa dei combattimenti in zona. Tutto ciò, nei fatti, suggerisce che molte delle preoccupazioni sui mercati siano corrette, anche se al momento un vero calo della produzione non c’è stata, anzi.
Da fonti Opec si fà sapere che il livello della produzione non è sceso di un solo barile, quindi, l’organizzazione petrolifera non ritiene opportuno un suo intervento per ridurre il prezzo di quotazione, incrementando l’offerta.
E le stesse fonti USA rassicurano sul fatto che le importazioni di greggio sono aumentate in questi giorni di 2,5 milioni di barili, portando il livello complessivo delle riserve di petrolio americane al record di 40,3 milioni di barili. Tanto basta per fare ridurre le quotazioni del Wti, che scendono intorno a 104 dollari al barile, mentre il Brent europeo viaggia sopra i 115 dollari al barile.