Il brent europeo ha sfiorato i 103 dollari, nella seduta di ieri, per poi calare fino ai 98 dollari al barile; ma la soglia dei 100 dollari viene ormai toccata e superata, durante le contrattazioni, senza alcun tentennamento, non è più un tabù.
Ad alimentare il prezzo record del greggio ci sta pensando soprattutto il fattore caos in Egitto, la cui situazione politica potrebbe essere sconvolta a tal punto, che dopo Mubarak, si temerebbero ripercussioni pesanti sul trasporto di petrolio, attraverso il Canale di Suez. E, in effetti, è proprio questo a creare tensioni sui mercati; il pericolo, cioè, che nuovi equilibri politici in Egitto possano chiudere lo stretto all’Occidente e alle sue navi petrolifere. C’è poi il timore che altri Paesi arabi, appartenenti all’OPEC, possano seguire la scia egiziana e chiudere in parte i rubinetti del petrolio, in funzione anti-occidentale, come accadde nel 1973, dopo la guerra dello Yom Kippur.
Una situazione, in cui le paure degli scenari futuri possibili in Medio Oriente superano pure i dati positivi che giungono dagli USA, dove i livelli di scorte di greggio sono ai loro massimi, dovendo ciò determinare un effetto calmieristico e ribassista sui prezzi del petrolio.
Ma nonostante la buona notizia, gli operatori si vogliono cautelare e comprano futures, per assicurarsi il greggio a un prezzo attuale che ritengono inferiore a quello che si potrebbe determinare a breve.
E fino a quando le aspettative saranno rialziste, il prezzo del greggio non si riporterà ai suoi fondamentali.