Un altro grande stato asiatico, la più grande democrazia del mondo, è alle prese con la corsa dei prezzi, e si tratta stavolta dell’India. Se la vicina Cina ha dovuto alzare i tassi di sconto, a causa delle spinte inflazionistiche conseguenti del suo alto tasso di crescita, congiuntamente al tasso di cambio fisso sottovalutato, l’India si trova a dovere fronteggiare il medesimo problema, ma per cause diverse, e in forme anche più aggressive.
A dicembre il tasso d’inflazione ha raggiunto l’8,4%, un livello di allarme che si è ripercosso maggiormente sui beni alimentari. Poche settimane fà, ad esempio, vi avevamo parlato delle proteste per il rincaro della cipolla, il cui prezzo è triplicato, in pochi mesi, dando vita a malesseri sociali forti, data l’importanza rivestita da questo bulbo, nella cucina indiana.
Per quest’anno, il governo di Nuova Dehli ha rivisto al rialzo le stime sull’inflazione, portandole al 7% su base annua, contro un precedente 5,5%.
Proprio nel tentativo di frenare la corsa dei prezzi, ieri la Banca Centrale dell’India ha deciso di alzare il tasso repo di 25 punti base, portandolo al 6,50%, e il tasso inverso al 5,50%, confermando la volontà di perseguire una politica monetaria più restrittiva. Si tratta del settimo aumento dei tassi di riferimento in un anno.