E’ stucchevole vedere proteste di alcuni studenti, probabilmente aizzati da professori e ricercarcatori delle loro facoltà, contro una riforma che contiene principi e norme di gran buon senso, condivisibili da tutti.
Ecco alcuni punti-chiave: fine di parentopoli; non sarà più possibile chiamare parenti fino al quarto grado, all’interno del dipartimento o struttura di chi effettua la chiamata; il rettore avrà un solo mandato, fino a un massimo di sei anni; il nucleo di valutazione sarà composto, per lo più, da docenti esterni e determinerà i fondi all’ateneo; sostegno alle fusioni tra atenei; i ricercatori verranno assunti con contratto di 3 anni+3 anni ancora, alla fine dei quali, se non hanno dimostrato risultati nelle loro ricerche, non verranno assunti, ma possono avere punteggio per concorsi pubblici; possibilità di entrare a ruolo come docente a 30 anni, dagli attuali 36; nuove norme che incentivano la mobilità dei docenti tra le sedi e semplificano i requisiti di accesso di docenti stranieri; norme più meritocratiche per le carriere dei docenti; istituzione di un fondo nazionale a sostegno degli studenti meritevoli, con tassi bassissimi (prestiti d’onore).
Non è possibile in un articolo riassumere tutti i punti e commentarli adeguatamente, ma è indubbio che la riforma dell’università, ieri sera approvata alla Camera, se entrerà in vigore, sarebbe una rivoluzione vera del mondo accademico. Fanno bene i docenti-baroni e i ricercatori “a vita” a essere seriamente preoccupati del ddl Gelmini; per loro finisce l’era dell’irresponsabilità e del non dare conto del proprio operato.